Dalle Origini Ad Oggi: L’Aperitivo Ritorna Al Futuro

Tommaso Cecca al Camparino

Se oggi è da considerarsi una delle tradizioni più amate dagli italiani, e di certo tra le più apprezzate anche all’estero, l’aperitivo deve il proprio successo a una storia che affonda le proprie radici addirittura fino a millenni or sono. Le classi più abbienti tra gli antichi Romani erano infatti già solite dedicarsi alle degustationes: incontri informali, nelle ville patrizie, durante i quali i nobili consumavano vino aromatizzato, verdure, piccoli tagli di carne, in attesa di procedere alla cena vera e propria. Il concetto di momento iniziale, di preludio al pasto, è rimasto pressoché invariato fino ai giorni nostri, ma il significato del termine aperitivo ha assunto vari contorni, nel corso del tempo.

Il termine stesso deriva ovviamente dal latino: aperire, aprire, appunto. Che può riferirsi all’introduzione verso portate più importanti, o fisicamente all’apertura dello stomaco, dell’appetito: il vino aromatizzato dai Romani era infatti definito vinum hippocraticum, dal nome del leggendario medico Ippocrate, cui oggi è intitolato il giuramento dei dottori. Le caratteristiche amare della bevanda, dovute alle spezie e alle erbe con cui era infusa, garantivano al consumatore un sano stimolo della fame. Non a caso, il vinum hippocraticum era in origine somministrato come medicina ricostituente. L’idea di aperitivo è quindi inizialmente associata a un prodotto unico, che serva alla salute o al piacere.

Con il trascorrere dei secoli, l’aperitivo si ritrova nelle abitudini della società che va evolvendo e sviluppandosi. A Torino, nel Piemonte già territorio della merenda sinoira, sul finire del diciottesimo secolo (ri)nasce il vermouth, che raccoglie per l’appunto l’eredità del vino romano. Quando nel 1860 Gaspare Campari fonda la sua omonima azienda, destinata a diventare pioniera nel mondo, il cerchio dell’aperitivo si avvicina sempre di più alla sua quadratura: è da qui che partono le due nuove strade, quella della miscelazione e quella della concezione, che da materiale, legata a un singolo prodotto, si sposta sul piano temporale, di un momento, ed esperienziale.

L’aperitivo moderno si arricchisce infatti dei cocktail oggi divenuti iconici, che pur variando negli ingredienti, mantengono la caratteristica amara che li tiene fedeli ai principi di quel vino con cui l’aperitivo era di fatto nato. Bitter e vermouth si rivelano la miscela perfetta per anticipare un pranzo o una cena, e la loro unione diventa caposaldo di un rito che dagli inizi del Novecento, grazie anche a luoghi consacrati all’aperitivo come il Camparino in Galleria, è ormai parte del tessuto sociale del Belpaese: è il caso del Milano-Torino, che diverrà Americano con aggiunta di soda, e Negroni con aggiunta di gin, frutto dell’estro del Conte Camilllo Negroni a Firenze, nel 1919. Il termine aperitivo comincia allora ad associarsi a un determinato momento della giornata, e a tutto quanto gli vive intorno.

L’espressione massima dell’aperitivo è infatti da ritrovarsi nell’atmosfera, prima ancora che nel consumo: è l’ora che chiude una giornata di lavoro e dà inizio alla serata informale, l’occasione conviviale dove rilassarsi e allentare le tensioni. Che si tratti di un cocktail dai toni decisi come il Negroni, un ammiccante Aperol Spritz o un più essenziale e perfetto Campari Seltz, da accompagnare agli stuzzichini classici della cultura italiana: l’aperitivo è un rituale quotidiano che invita al buon vivere, un attimo di piacere che è l’inizio di qualcos’altro. Ed è un bene che la scia dell’apericena, macchiata da locali che alla qualità premettevano la qualità, a scapito degli ospiti, sia andata esaurendosi.

Oggi la comunità dei bartender sta infatti riportando l’aperitivo ai fasti che merita, spingendo per proposte lineari, perfette e sempre più spesso a gradazione alcolica contenuta (come il vermouth highball di Giorgio Bargiani), ricalcando quindi il percorso che l’aperitivo storico aveva tracciato. I drink per antonomasia sono tornati a dominare le proposte dei bar, che ancora più che sulle miscele, insistono sui dettagli, sull’accoglienza, sull’ambiente. C’è in fondo un motivo, se si tratta de l’ora senza pari. L’aperitivo è un puzzle composto da pezzi vari, autonomi ma ancora più di valore se presi in combinazione: e in questo momento storico, sembra finalmente tornato ai valori che si respiravano alle sue origini. Forse, addirittura, meglio.