Il Gusto Della Bellezza: Campari Group E Il Legame Con L’arte

Giannotti Articolo Spiritello

Non sempre amata, poco spesso compresa, eppure sempre rincorsa e preziosa: l’arte, in ogni sua espressione, è forma di comunicazione potente, vera, senza filtri. Pennellata o scritta, scolpita o cantata: a volte, molto più di quanto non si pensi, distillata e versata. È istinto puro, talento domato, sapere modellato sulle abitudini: anche quando l’arte è più veloce tempo e precorre gli anni.

Si ritrova sulle pareti, dietro gli angoli e nei calici. In casi straordinari, l’arte è uno dei fili rossi (in questo caso rossi davvero) che si annodano gentili, tra i momenti più importanti di un’azienda che dell’eccellenza, nel gusto e nell’identità, è perfetta rappresentazione. Il legame tra Campari Group e arte è al tempo stesso dirompente ed elegante, evidente e classico: sempre presente, mai oltremodo.

Per ogni momento ed epoca, Campari Group è stato vetrina per artisti e opere, contemporaneamente. Aveva iniziato Davide Campari in persona, incastonando un mosaico Liberty di rara bellezza nel suo bar, il Camparino in Galleria a Milano, oggi ancora perfettamente intatto e sognante. Fu poi Leonetto Cappiello, grafico lungimirante, ad accompagnare il nome Campari in un passo fondamentale verso l’immortalità: cento anni esatti sono trascorsi dalla creazione dello Spiritello (1921), alter ego che ammicca e sorride, instaura empatia con l’ospite, gli permette di assaggiare il bello. Un’immagine divenuta icona, rappresentazione per antonomasia dell’estro classico di Campari Group, fedele alla propria identità, ma guardando al domani.

Toccò poi a un genio visionario e spigoloso, sublimare il binomio Campari e arte: il 1932 è l’anno in cui gli appassionati italiani (poi del mondo) scoprono il Campari Soda. Il ready to drink che aprì le porte a una nuova modalità di consumo, incastonato tra le pagine della storia delle abitudini nazionali anche grazie a un’estetica inconfondibile ed evocativa. La bottiglietta senza etichette di Fortunato Depero (il 29 novembre appena trascorso si è celebrato il sessantunesimo anniversario della sua scomparsa), disegnatore futurista che prese ispirazione rovesciando un calice, e con esso l’intero mondo del bere.

Un triangolo di vetro, con denominazione in rilievo e zigrinatura riconoscibile ovunque: il Campari Soda è il trionfo dell’arte che si fa veicolo per qualcosa d’altro, come nello spirito più profondo dei Futuristi, appunto. La vista che si esalta per le linee eleganti e il rosso acceso, il tatto che si accende scorrendo su una ruvidità ipnotica. Olfatto e gusto che gioiscono dell’aperitivo per eccellenza, a portata di mano. L’arte, appunto, che diventa strumento per emozionarsi ogni volta.

Cambiano i tempi, cambiano forse anche i canali con cui l’arte entra nelle vite di tutti. Campari Group lo intuisce e diventa megafono di classe e stile, per le eccellenze delle nuove epoche e delle nuove correnti di artisti: cinema e televisione sono il futuro ormai arrivato. Federico Fellini, stella fulgida del cielo cinematografico mondiale, cura la regia di uno spot semplice, elegante, impeccabile: l’esperienza di un Bitter Campari che cambia il viaggio, e forse la vita, a due passeggeri, metafora della quotidianità che con un solo sorso eccellente può trasformarsi in meglio. L’arte che trasmette un messaggio, dalla telecamera al calice.

Perché anche il bar, in fondo, è un palcoscenico su cui virtuosi del bancone possono dimostrare le loro inclinazioni e correnti. Alcune insite nel bartender, altre raccolte dalle sensazioni di ogni giorno: Giacomo Giannotti, fondatore e mente del Paradiso di Barcellona, è inventore, chimico, miscelatore, comunicatore. Artista. Il suo nuovo menù, Universo, è un manifesto: “Abbiamo preso ispirazione da questi ultimi due anni, per certi versi straordinari. Ci siamo resi conto che la creatività può generare soluzioni, e il mondo esterno può dare spinta per nuove idee al bar”.

L’arte è personalità, chi crea traduce se stesso nelle sue opere. La miscelazione non fa certo eccezione: Paradiso (aperto nel 2016) è nato perché sentivo di volermi mettere in gioco. Racconta molto di me a partire dal nome, che è lo stesso della gelateria che i miei genitori hanno in Toscana”. Oggi è il diciannovesimo bar al mondo secondo i 50 Best, divenuto celebre per l’approccio spettacolare e scientifico all’ospitalità: gli ultimi signature drinks entrati nella sua lista sono anche forse i più rappresentativi. Il Tornado, servito su un vassoio che nasconde un agitatore magnetico (che appunto crea un vortice all’interno del bicchiere), e soprattutto il The Cloud, progetto che ha richiesto cinque anni per potersi realizzare.

Il tocco finale sul drink è per l’appunto una nuvola edibile, che letteralmente fluttua davanti all’ospite prima di adagiarsi sul bicchiere. Qui si può scegliere se gustare la nuvola direttamente, o farla gocciolare nel bicchiere, permettendole di aggiungersi alla miscela. Arte, in ogni senso, dalla bellezza al rischio di non riuscire a farsi comprendere: “Serve tenacia, perché un’idea potrebbe non funzionare, se il consumatore non è predisposto. È anche vero che le nostre creazioni sono la nostra identità, non possiamo troppo preoccuparci dei commenti. È un equilibrio tra i nostri desideri, e i bisogni dell’ospite”.

Bella, buona, perché no controversa: l’arte è tale quando sentita e viva, frutto dei sentimenti di chi crea e delle sue intuizioni. E in qualche caso può anche aiutare il pianeta: Paradiso ha introdotto recentemente un sistema di riutilizzo degli scarti organici, che vengono pressati e ricomposti come sottobicchieri, già presentati a Campari Academy durante la scorsa Florence Cocktail Week. “È parte del nostro programma di sostenibilità. Abbiamo iniziato abbattendo il consumo di plastica, ora lavoriamo sul minimizzare gli sprechi. In futuro potremo parlare anche di energia”. L’arte si fa, si discute, si apprezza. È impatto sugli altri e sul mondo. Per fortuna, a volte, l’arte si può anche bere.

a cura di Alessandro Pitanti e Carlo Carnevale