Venice Cocktail Week – Tradizione, semplicità e futuro con Aperol e Raiza Carrera

AEROL

In Campo Santo Stefano a Venezia, dove il Canal Grande si snoda con la sua ultima rientranza prima di gettarsi in Laguna, si trova solenne una statua dedicata a Niccolò Tommaseo. Fu uno dei più brillanti studiosi e amanti della dialettica, divulgatore della cultura del paese, scrittore riconosciuto e soprattutto padre del Dizionario della Lingua Italiana. Come per un intreccio sorridente della storia, esattamente di fronte si apre il punto di riferimento per una parola che è ormai entrata stabile nel nostro lessico e nelle nostre abitudini.

Terrazza Aperol, aperta poco più di un anno fa (LINK), è il tempio dell’Aperol Spritz: una miscela storica, che affonda le proprie radici nel passato veneziano, quando gli austriaci stanziati qui allungavano il vino locale con uno spruzzo (spritz appunto) d’acqua frizzante. Oggi ufficialmente parte della lista IBA, l’Aperol Spritz è passato da dialetto tedescofono a simbolo dell’aperitivo italiano, un sussurro che diventa momento di convivialità immediata e che fa da trampolino per la cultura del buon bere del domani.

Lo sa bene Raiza Carrera, che ha calcato il bancone di Terrazza Aperol per una guest night durante la seconda edizione della Venice Cocktail Week, affiancata dal team capitanato da Luca Boso. Ad appena ventisei anni, la bartender peruviana è già solidamente al centro del panorama della miscelazione mondiale: dopo esperienze in patria e in Argentina è atterrata a Barcellona, dove da circa un anno ricopre il ruolo di Bar Manager al Libertine Cocktail Bar, gioiellino all’interno di Casa Bonay che ospiterà il party ufficiale dei prossimi World’s 50 Best Bars il 4 ottobre.

Era la prima volta a Venezia per Raiza, che ha potuto trovarsi di fronte al potere e al fascino della tradizione, in gondola come nel bicchiere: “La tradizione è un bene fondamentale, è il punto di partenza per il futuro. Va rispettata, ma non temuta. E soprattutto va coltivata: una ricetta tradizionale deve comunque essere buona, non ci si può nascondere dietro un abbiamo sempre fatto così. Dev’essere un’apertura, una base per l’evoluzione”. Con una drink list semplice e d’effetto, Raiza ha presentato dei twist su classici senza tempo, come il Caribbean Shakerato (Campari infuso al mango, liquore al caffè, bitter al cioccolato) o il Mary’s Calling (Espolón Tequila, Montelobos Mezcal acqua di pomodoro e lime kaffir). Semplicità, d’altronde, è uno dei concetti portanti nel lavoro di Raiza.

“La semplicità non è affatto facile da maneggiare. Per realizzare un cocktail apparentemente semplice come l’Aperol Spritz, ad esempio, serve conoscenza degli ingredienti, bilanciamento perfetto delle proporzioni, coscienza dei rapporti tra i prodotti. E una ricetta semplice, quando apprezzata, diventa un rifugio, un posto sicuro. Un ospite al bar magari vuole solo stare bene, un drink non troppo complesso è perfetto per un momento di serenità”. Spensieratezza consapevole e qualità sono infatti i valori principali di Aperol, creato nel 1919 e dal 2003 parte del portfolio, di cui è oggi una delle etichette di punta.

Un bartender che dalla semplicità tragga il massimo, è allora un bartender perfetto? Non proprio, secondo Raiza, che è inoltre fondatrice del brand di design Futura. “Al bar la perfezione è irraggiungibile. Siamo al centro di un processo di crescita continuo, dove la conoscenza e l’informazione sono sempre in evoluzione. Servono tempo, pratica, dedizione, essere un bartender è molto più difficile di quanto si pensi, tra orari intensi e gli eccessi che sono dietro l’angolo.  È qualcosa che si sceglie, come un partner, una storia d’amore. Non esiste un bartender perfetto, ecco, esiste un bartender che non si sente mai arrivato, ed è quanto di più simile possa esserci”.

Dall’italiano limpido a una parola tedesca divenuta parte integrante del nostro vocabolario, Campo Santo Stefano è per una sera il centro della lingua del bar. Che forse necessiterebbe di parlare davvero a chiunque, nel futuro prossimo: “Stiamo lottando per una società più inclusiva, e l’industria del bar deve reagire di conseguenza. Sono stati fatti passi importanti, ma la strada è ancora lunga; un ambiente che per definizione accoglie tutti deve dimostrarlo con i fatti, e con il tempo ci stiamo arrivando”. Venezia è da sempre sinonimo di accoglienza e multiculturalità, in città come al bar: adesso è il momento per qualcosa di più.