Campari Bartender Competition: parlano i protagonisti di questi ultimi dieci anni

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La gara più attesa dai bartender italiani torna per la decima edizione: Campari Academy ha incontrato cinque protagonisti che hanno lasciato il segno, dal 2013 fino a oggi.

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Torna l’appuntamento più atteso e apprezzato dalla community dei bartender italiani: la decima edizione della Campari Bartender Competition ha alzato il sipario, i professionisti di tutta Italia hanno già inviato le proprie candidature e si sta entrando nel vivo della fase di selezione. Come momento celebrativo, la decima edizione avrà come filo conduttore una panoramica sulla strada che ha portato la gara fino a oggi: i concorrenti dovranno infatti ispirarsi a uno dei temi che hanno caratterizzato le nove edizioni precedenti, siano essi cocktail, personalità, idee.

È un’occasione unica e preziosa per i bartender di oggi e soprattutto del domani, che grazie alla partecipazione alla Campari Bartender Competition potranno confrontarsi con il talento dei colleghi, apprendere i segreti dei giudici e vivere un’esperienza che segnerà il loro cammino personale e professionale. Abbiamo quindi raccolto le testimonianze di cinque bartender che hanno lasciato il segno in questo decennio, chiedendo loro di raccontare il loro vissuto e soprattutto descrivere cosa e come è stata, per loro, la Campari Bartender Competition.

Edoardo Nono – Founder Rita e Rita’s Tiki Room, Milano – Partecipante, giudice e conduttore

Immersiva, perché ti coinvolge del tutto nel mondo Campari. Esclusiva, perché i cocktail e le persone parlano lo stesso linguaggio, concentrandosi su prodotti d’eccellenza. Emozionante, per i giudici e per i concorrenti, perché essere in uno scenario del genere è qualcosa che rimane dentro.

La Campari Bartender Competition, come le competizioni migliori, arricchisce i partecipanti, è un test sulla tenuta psicologica, sulla dialettica; è un palcoscenico sicuro dove poter anche provare e sbagliare, dimostrando però il proprio approccio al lavoro. Viverla da giudice è un’occasione per monitorare cosa succede nel nostro settore, saggiare il livello medio dei professionisti emergenti, misurare le competenze e a volte anche scoprire problematiche che è necessario affrontare. 

Nella gara in sé, in ogni caso, il liquido nel bicchiere vale il 50%. Se hai una buona ricetta ma non sei in grado di raccontare il pensiero che c’è dietro, farai poca strada. La competizione ricrea un ospite virtuale che deve essere convinto, permettendogli di vivere un’esperienza. C’è da scegliere le giuste parole, avere un’idea coerente. In un momento storico in cui il laboratorio sembra essere diventato importante quasi quanto il bancone, è la dimostrazione di come sia l’approccio personale a fare sempre la differenza.  

Edris Al Malat – Head Bartender DRY Milano – Finalista Edizione VIII

Vera, perché sono vere le persone di cui ti circondi, con i tuoi stessi obiettivi e la tua stessa passione. Imprevedibile, perché non puoi sapere cosa ti aspetta ed è un mix di emozioni contrastanti. Affascinante, perché è la più bella competizione italiana, che rappresenta il brand più identificativo. 

Grazie alla mia partecipazione mi sono portato a casa nuove amicizie e contatti, che tutt’oggi continuo a consolidare. Ho rivisto in giro per l’Italia colleghi con cui ho gareggiato, è un’occasione per rafforzare la community dei bartender e apprezzarne il lato umano

E soprattutto mi sono potuto confrontare con i migliori professionisti, mi sono messo sotto pressione ed è stata un’opportunità per alzare il mio livello. La gara ti permette di comprendere il valore dell’umiltà, del sorriso e della positività: tecnicamente siamo bravi tutti, la vera chiave è la personalità.

Nicola Romiti – Bar Manager The Doping Bar, Milano – Finalista Edizione IV

Entusiasmante, formativa, dinamica. Ho partecipato quando ero ancora nelle Marche, la mia regione d’origine. Arrivare in finale mi ha permesso di portare a casa una fotografia della scena milanese e soprattutto mettermi in luce, subito dopo la gara venni chiamato da un importante locale di Milano che ha dato spinta alla mia carriera. E soprattutto mi ha dato la possibilità di conoscere colleghi poi diventati amici. 

Dopo aver partecipato sono cresciuto enormemente, sia per le occasioni professionali che mi si sono presentate, che per una continua sfida personale a far bene, è stato l’inizio di un percorso di evoluzione. Ho capito che sono fondamentali la tranquillità e la naturalezza, in gara ci si deve comportare come se ci fosse un qualsiasi ospite al bancone del proprio bar, concentrandosi sul far star bene i giudici, comunicare bene le proprie ricette e trasmettere la propria idea.

Paolo Sanna – Bar Manager Banana Republic, Roma – Finalista Edizione I e giudice

Colorata, sia per gli iconici toni del rosso Campari che per la presenza delle varie personalità coinvolte. Emozionante: tra palcoscenico e pubblico si fa quasi fatica a descrivere quello che si prova, e nel mio caso era addirittura la prima edizione. Appassionante, perché richiede passione nel lavoro che fai, dallo studio alla realizzazione della ricetta.

Quando ho partecipato avevo già esperienza, era un momento di grande evoluzione per la miscelazione italiana. La Campari Bartender Competition è diventata subito una delle gare più importanti, perché fornisce uno spunto di studio, di convivialità, apertura mentale e creatività. Non mi ci sono mai approcciato per vincere, ma per mettermi in discussione e fare qualcosa che potesse stupire. 

Grazie alla mia partecipazione ho avuto la possibilità di frequentare eventi importanti come il Bar Convent di Berlino, collaborare con l’azienda e sperimentare dimensioni che non avevo mai vissuto. Tre giorni anche culturalmente importanti, ho avuto la possibilità, a Monaco, di incontrare Mauro Mahjoub, che oggi è un amico, e che mi ha trasmesso il suo sapere. 

Non esistono in realtà caratteristiche specifiche per partecipare. Bisogna essere semplici ma non banali. Ho fatto molto spesso il giudice, ho visto proporre ricette sofisticate senza corpo, senza anima: Campari è colore, passione, l’aperitivo per eccellenza: è convivialità, musica. E poi è nella semplicità che si nasconde la vera genialità: il cocktail deve essere buono. 

Dom Carella – Food&Beverage Consultant, Founder di [Ca-ri-co] e Ultra Milano – Master of Cerimony IX e X Edition

Vera, perché avendo partecipato a tutte le fasi della Competition posso dire che è reale dall’inizio alla fine, dalle fasi di giuria online a quelle in persona, fino alla finale, è vissuta senza alcun pregiudizio sui partecipanti. Istituzionale, perché Campari è un simbolo di italianità, partecipare è quindi motivo di orgoglio e chi vince è il baluardo della rappresentanza in Italia. Accrescitiva, sotto più punti di vista è una spinta per conoscenza, ispirazione, contatti, in tutta la dimensione della competizione.

Competere è una grande esperienza di confronto personale, un palco dove si è costretti a misurarsi con se stessi e gli altri. E questo fa entrare in una dimensione di crescita, si esce arricchiti. Da mentore o da senior, è un’occasione per sperimentare punti di vista diversi, avere a che fare con i giovani che approcciano le gare con freschezza ti lascia qualcosa in più. 

Non è tanto importante l’abilità, quanto la sicurezza in se stessi. Serve controllo, padroneggiare le proprie espressioni e il proprio messaggio, essere pronti al confronto con il pubblico, si è di fronte a professionisti che sanno di cosa stai parlando, spesso anche più di te. Dialettica e gestualità sono da curare al massimo, dando per scontata la conoscenza merceologica e del settore.