Comprendere quello che beviamo grazie a cultura, storia e persone

Perspectives

Scavando nella sua identità di etnia Iban, la poetessa, scrittrice e professoressa Dr Anna Sulan Masing ha scoperto l’importanza di comprendere I valori dietro ciò che mangiamo e beviamo. 

I ricordi d’infanzia si vedono sempre attraverso lenti sbiadite: tutto sembra più grande e luminoso, il tempo è dilatato. Da adulti, i sapori sono incise nelle nostre menti e gli aromi si diffondono portandoci al passato. Per me, che ho vari luoghi, spazi e culture che posso chiamare casa, e custodisco memorie di caldo tropicale sulla pelle e frustate fredde dal vento della Nuova Zelanda, l’idea di infanzia non è stabile o statica. La mia identità indigena, Iban – una comunità di Sarawak, uno stato della Malesia sull’isola del Borneo – è sempre stata basata su sensazioni e ricordi. È tangibile, ma difficile da spiegare; mi ha dato delle basi, ma non riuscivo ad articolarle nel mondo occidentale in cui vivevo, quindi con il mio lavoro ho cercato di dare delle parole a questi ricordi. 

NELL’OCCHIO DEL CICLONE

Il Sude Est Asiatico è sempre stato un gioiello agli occhi del colonialismo europeo. L’isola di Banda, nell’arcipelago indonesiano, conosciuta in Europa come “Isola delle Spezie”, è stata al centro di guerre e sfruttata dalle varie potenze mondiali; se si potesse dipingere la Storia, i mari attorno a quest’isola sarebbero colorati di sangue. Olandesi e Inglesi si sono contesi terre e mari attorno a Malesia, Singapore e Indonesia, controllandone le risorso (spezie, gomma, caffè). La Spagna si appropriò delle Filippine e la Francia dei territori più a nord. Sarawas è stata diversa, controllata o posseduta da una famiglia inglese dal 1841 al 1946. 

Ma prima di questa era coloniale, il Sud Est Asiatico era parte di un dinamico sistema di scambio tra Oceano Indiano e Estremo Oriente. Il pepe dall’India arrivava in Cina attraverso Sumatra; gli indigeni come gli Iban si spingevano sulle coste per scambiare i prodotti della giungla, e la noce moscata arrivava così fino in Europa. Gli imperi occidentali cercavano di dominare, monopolizzare e controllare questo commercio, per dominare il sistema e le popolazioni, causando indicibili brutalità. 

LA STORIA SI RIPETE

Questi meccanismi operano ancora oggi. Lo vediamo nelle disuguaglianze del mercato, per cui il sud del mondo viene pagato una miseria, vulnerabile a un mercato consumistico che non considera il costo della produzione, e deve affidarsi a vari intermediari, ognuno di questi alla ricerca della propria percentuale di guadagno. Lo vediamo anche nel modo in cui noi, nord del mondo, ignoriamo il lavoro globale – avete idea di chi raccolga il pepe che si trova sulle vostre tavole? 

Sono tutte informazioni che ho raccolto nella mia ricerca per comprendere la mia casa. Volevo scavare nelle storie della mia infanzia, quelle che mi raccontava la mia nonna Iban. Percepivo un’idea di origini, di orgoglio, di identità di cui volevo far parte. 

IDENTITÀ, SPAZIO E CAMBIAMENTO

Nel corso del mio dottorato mi sono interrogate su come spazio e luoghi influiscono sull’identità, e ho analizzato le storie e le performance delle donne Iban. Ho scoperto una profonda connessione con il ciclo agricolo, nel quale il riso è l’elemento cruciale della vita. Mio padre scrisse, in merito alla coltivazione del riso: “Esiste un sistema di valori basato sulla cultura del [riso] padi. Questo sistema non si rispetta per ché il padi è un prodotto essenziale, ma perché si crede che il padi abbia uno spirito che dev’essere calmato con la coltivazione”. (Padi è una parola Malay). 

L’agricoltura Iban si mbasa sul maggese, per cui parte dei campi viene messa a riposare per una stagione dopo il raccolto (un sistema che le potenze coloniali cercavano di eliminare). Questo significava per loro muoversi e cercare altri terreni da coltivare. Non voglio romanticizzare gli Iban, che in questo modo entrarono in guerra con popolazioni vicine, ma è indubbio che spostarsi continuamente ha contribuito a creare un senso di comunità, di corpo unico che poteva occupare più spazi. Cibi e bevande sono strumenti attraverso cui raccontare storie, il riso è un pilastro dell’idea di sentirsi a casa, e coltivarlo è il filo conduttore delle storie Iban. Quando gli Iban migravano, portavano con sé storie e riso. 

LE NOSTRE STORIE

Il festival del raccolto, Gawai, è la celebrazione più sentita dell’anno. Secondo le storie del Gawai, gli dei sono invitati a partecipare alla festa, e per questo vengono loro offerti riso e tuak, una bevanda alcolica a base di riso, con una percentuale ABV simile al vino. È parte della celebrazione, del raccolto e dell’essenza Iban. Ciascuna famiglia ha la propria ricetta e il proprio produttore preferito. Il tuak è così profondamento connesso al raccolto che si può sentire il profumo del riso, l’aroma del cereale fermentato. Non è più riso in senso stretto, ma è fatto di riso. L’agricoltura è parte integrante della società Iban, ne costruisce l’identità e consolida la comunità.

Essere a contatto con questa piccola comunità nel Borneo mi ha permesso di allargare i miei orizzonti. Gli Iban sono migrati nelle città, allontanandosi dai campi. I raccolti sono ancora in essere, ma sono parte di un più grande sistema di agricoltura, come ad esempio quello del pepe, che viene raccolto per essere esportato. Il pepe fu introdotto alla fine del 1800, quando I migranti cinesi iniziarono a coltivarlo, prima che gli indigeni ne fossero a conoscenza. Tutti questi movimenti e queste evoluzioni descrivono perfettamente la storia coloniale del Sud Est Asiatico. 

CAPIRE A FONDO

L’alcool, come le spezie, può viaggiare in lungo e in largo, facilmente. Allo stesso modo, è facile dimenticare chi lo ha prodotto, il sistema di cui fa parte, le persone che lo hanno lavorato in principio, prima che diventasse liquido. Il tuak è immediatamente connesso a persone, luoghi, materia prima, ma cosa ne è delle altre bevande alcoliche? 

Le spezie hanno portato l’Europa nel Sud Est Asiatico, il colonialismo ha reso me, una donna di etnia mista, possibile; il riso mi collega alla mia casa e ai miei affetti; e comprendere come cultura, storia e persona siano tutte parte di una storia, mi permette di capire quello che bevo più a fondo. Scrivo di queste storie per permettere al pianeta di avere un futuro più sostenibile. Non voglio vedere la mia infanzia come una memoria nostalgica, ma come parte di quegli spazi dove le persone coltivano prodotti meravigliosi che devono essere onorati e rispettati.